Dalla finestra di un hotel appare Cartagine, con la sua roca solitudine di secoli, appare Tozeur, affondata nella sabbia. Il corpo sente crescere la sete, cade in dormiveglia. A fasi alterne lo sguardo si acuisce e si appanna in una singolare dimensione di esattezza allucinata: ogni lineamento mostra l’invisibile cavità in cui abita. Lo scorrere del sangue, un millimetro più sotto, sul punto di sgorgare. Ogni astro lascia un riverbero sul seno e sembra incatenarlo a sè col proprio nulla. “il nulla tra seno e astri, /e offuscata mente” .
Fuori incombono le strade transennate di un’Europa senza palpito, il brusio di popoli e di insetti sconosciuti. E s’intravede la grazia, splendida e dileguante, di nuove movenze, di nuovi volti e colori. Ecco i colori. Il nero, soprattutto. Quel nero turgido, cupo e dorato che lampeggiava nel libro precedente (Nero barocco nero Quaderni di Galleria, Ed. Sciascia, Caltanissetta), qui diventa un vero e proprio assedio, una moltitudine in cammino. Ogni passo ne rivela un tono diverso. E’ un colore che si fa tempo. Le generazioni entrano nel buio della camera, intrecciano il tempo degli orologi a quello della storia, il tempo delle carovane e dei palmeti a quello delle testate nucleari e della porta blindata.