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Quaderno collettivo di Poesie

Interni – Quaderni della Fenice 43

Interno di cucina
(Con candeggio)
Il pomeriggio scende in filamenti
tra cerchi velenosi di candeggio
in naufragio
un paesaggio immoto di suppellettili
sui vetri incrostati di crepuscolo
alternanze di voci aprono falle
il probabile l’altro il viaggio
non del tutto compiuto -un ballo vorticante,
il ritmo di quell’estate, dove?-
sui fili d’alta tensione
da qui alla prossima esistenza
(Con vegetali)
uno non può
accostarsi al garofano al giacinto
avvitarsi a tralci ellittici
a un filo sottilissimo d’erba
un attimo sostituirsi al girasole

Descrizione

anno di pubblicazione: 1979
Il titolo di questa raccolta di Maria Attanasio è al tempo stes­so esattissimo e ambiguo. L’autrice vi dimostra infatti la pie­na consapevolezza di non potersi spingere oltre certi luoghi, certi confini, certi « interni », di non avere cioè altra possibile area da esplorare (meglio ancora: altro spazio autenticamente fruibile e vitale) che quello in cui agisce, si esprime e si consuma un personaggio. Di quale personaggio chiave o privilegiata figura si tratti è fin troppo facile intuire: Maria, naturalmente, la stessa autrice, con il proprio corpo, i propri angusti limiti, fisicamente invalicabili. Ed è soprattutto nel libero gioco degli spessori che si schiudono tra desiderio di gratificante fuga e forzata aderenza a un reale insufficiente, subìto, ma non di meno responsabilmente accettato, che la Attanasio si infiltra e si inserisce, pazientemente creando spazio e impreviste possibilità di risonanze ed effetti alla propria voce poetica. Ben sapendo dunque che « Maria è dissociata … » essendo « una parte dissolta in specchi metafore astrazioni / l’altra di qua / nella vita che scorre sotto il linguag­gio ». Piena lucidità, come si vede, e insieme presenza di una giusta dose di ironico autocontrollo: tutto ciò per rendere per­fettamente attuabile un progetto che si intuisce fin dalle prime battute della finzione e che viene, poesia su poesia, immagine dopo immagine, acquistando forza e credibilità, realizzandosi per tocchi netti e misurati, attenti all’essenziale, attraverso i mi­nimi passaggi, in sé non proprio esaltanti, da uno studio, a una cucina, a una camera da letto; finalmente a una più autentica dimora, punto di partenza e arrivo del solito brevissimo e solo in parte esauriente viaggio: il proprio corpo. Una testimonianza di indagine tanto partecipe quanto parziale e per ciò stesso varia e condotta secondo un immaginato mutare continuo di direzione rotta attorno a un tracciato in effetti inevitabile, ma innume­revoli volte riproposto, trasgredito, capricciosamente reinventato, nella cadenzata, fitta registrazione di ogni in apparenza immu­tabile eppure sfumato, cangiante, variabilissimo dettaglio.